2018_11_18 Tesero

2018_11_18 Tesero. Commemorazione in ricordo di Alberto Paluselli organizzata dal comune di Tesero assieme alle SK Fleimstal e Ladins de Fasha. Un tragico fatto verificatosi a guerra già conclusa, il 15 novembre 1918. Lo storico Candido Degiampietro ha narrato la vicenda nel suo volume “Briciole di storia, di cronaca e momenti di vita fiemmese”. Ancora oggi, nei campi tra Cavalese e Tesero, vi è una lapide, fino a poco tempo fa dimenticata da tutti. In quel luogo, una fredda notte di novembre, fu assassinato Alberto Paluselli, di Tesero, 33 anni, caporal maggiore dell’esercito austro ungarico. Il Paluselli era stato decorato con la medaglia d’argento al valor militare per le azioni compiute in val di Sole (va precisato che al contrario di quanto sostiene una certa vulgata storiografica, in realtà paiono non certo pochi i tirolesi trentini che parteciparono militarmente anche sul fronte italo/austriaco). A guerra era finita il Paluselli era rientrato in val di Fiemme. Ben presto arrivarono gli italiani che incalzavano gli austriaci in fuga. Erano gli alpini del battaglione “Feltre”. Il Paluselli, dismessa la divisa militare dell’esercito imperiale, circolava portandosi addosso sui vestiti borghesi – era quasi inverno – il cappotto militare. La sera del 15 novembre il nostro si trovava presso l’Albergo all'Ancora di Tesero, insieme ad altri reduci, quando entrarono due alpini armati di tutto punto e prelevarono il Paluselli. Si avviarono verso Cavalese. Il suo corpo fu ritrovato la mattina successiva. Solo grazie alla coraggiosa testimonianza di numerose persone di Tesero, l’anno successivo un caporale del Battaglione Alpino “Feltre”, originario della provincia di Belluno, fu condannato a vent'anni di prigione per l’omicidio.

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Intervento del Landeskommandant:

Buongiorno, un saluto a tutti, alle autorità agli Schützen e Marketenderinnen presenti, porto i saluti dal Federazione Schützen del Welschtirol.

Ringrazio l’amministrazione comunale e le Sk di Fleimstal e Ladins de Fasha per aver voluto organizzare questo momento di ricordo.

Quando si parla della prima guerre mondiale si danno sempre grandi numeri, milioni di morti, queste cifre danno l’idea della vastità dell’orrore della guerra ma sembrano lontane, non si riesce a delinearne esattamente i contorni. Sono talmente grandi che non si riesce a dare una forma palpabile, una forma alla nostra portata. Ma se cerchiamo di entrare nel dettaglio, ci accorgiamo che sono milioni di singole storie, di singole sofferenze, di vite spezzate, come questa che ricordiamo oggi. Ecco che allora i contorni si fanno più chiari e più comprensibili.

Milioni di persone che hanno sofferto, sono morte, molte ricordate da subito per altre ci sono voluti 100 anni.

E’ noto anche che la fine di ogni guerra porta con se molti soprusi e violenze contro gli sconfitti Il cosiddetto rito del “sangue dei vinti”.

Casi di violenza contro gruppi di persone, pensiamo ai reduci trentini dell’esercito austro-ungarico spediti in campi di prigionia come quello di Isernia, dove le condizioni di vita erano veramente infernali e moltissimi persero la vita, per capire basta leggere i diari ritrovati.

Ma ci sono stati casi di violenza contro individui singoli, come questo contro Alberto Paluselli oppure un altro poco distante quello di Simone Rizzi, colpevoli solamente di essere stati richiamati in guerra nell'esercito del loro stato l’impero d’Austria Ungheria. E chissà quanti altri dei quali non ne abbiamo notizia.

Purtroppo questa guerra, ha diviso popoli e territori, ha creato nuovi stati ha ridisegnato una nuova Europa. Purtroppo dopo cento anni ed un’altra guerra mondiale facciamo ancora fatica a capire che noi dobbiamo essere in Europa un solo popolo.

Questo centenario era l’occasione, purtroppo andata persa, per consegnare finalmente alla storia i confini che secoli di guerre hanno disegnato sul nostro continente dividendo popoli e nazioni

Se veramente desideriamo la pace dovremmo prima o poi “superare quella vecchia idea di cittadinanza come relazione esclusiva tra un uomo ed un solo stato”. Dobbiamo aprire la strada alla cittadinanza europea. La risposta sbagliata a questa esigenza è il protezionismo politico e nazionalistico

Nei mesi scorsi sono stato ad conferenza di storici sul tema della prima guerra. In chiusura uno degli storici presenti ha fatto questa considerazione:

L’Italia ha avuto 2 milioni di morti fra soldati e civili, senza contare gli invalidi e chi è morto a seguito delle sofferenze patite a causa della guerra, per conquistare sostanzialmente due città, Trento e Trieste: e concluse con la seguente domanda: ne valeva la pena?

Io dico che non vale la pena spezzare anche una sola giovane vita nemmeno se per contropartita c’è un continente intero. Grazie.

S.H.


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